In silenzio, a capo chino entriamo nella Quaresima. Le ceneri ci hanno ricordato – pochi hanno vissuto il gesto liturgico – la fragilità della nostra condizione umana. Fragili per natura, al di là del virus. Segnati, come ci ricorda Paolo, da una “malattia genetica” che da Adamo in poi abita ogni uomo e ogni donna: il peccato. Radice che fruttifica nella morte. La Quaresima è il tempo della “quarantena”. O, se preferite, del deserto. Della conversione. È il tempo in cui tu sei chiamato a non far nulla ma lasciar agire il medico e il personale infermieristico. Come non pensare all’immagine di Chiesa proposta da Francesco? «Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggiAggiungi un appuntamento per oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia» (intervista a p. Spadaro, agosto 2013). Ma – potremmo chiederci – se l’uomo e la donna sono i malati, se il peccato è il virus, se la Chiesa è l’ospedale qual è la medicina? Ascoltiamo Paolo: la grazia. La misericordia del Padre che si manifesta nella morte in croce del Figlio e giunge a tutti noi attraverso lo Spirito. Il primato è della grazia, non del nostro affaccendarci in mille opere (che tra l’altro spesso ci fanno sentire migliori degli altri invece che avvicinarci a Dio). Scrivevano i Vescovi dell’Asia nel 2008: «Se uno contemplasse la grande generosità di Dio, certamente sarebbe riconoscente fino a esclamare: “Grazie a Dio per questo suo ineffabile dono!” (2 Cor 9,15)». E continuavano: «Riconoscere i doni di Dio significa anche essere consapevoli che non li meritiamo». La Quaresima dunque è prima di tutto un invito a riscoprire il primato di Dio e il suo esserci accanto, la sua “vicinanza”: il nostro non è un Dio lontano da servire con timore e da temere, tutt’altro. È il Dio dei padri, il Dio che cammina con noi, il Dio che si fa carne. Il Dio che entra in me, che si fa nostro cibo. Entriamo nella Quaresima consapevoli del primato della grazia. Dell’abbondanza della grazia. Ritroviamo la preghiera personale e trasformiamo questi giorni in un’occasione per «essere più uniti e attenti, solleciti del bene di ogni fratello e sorella in umanità», come ci ha scritto il Vescovo.
Don Michele Mosa