Troppo facile fare il moralista. Stigmatizzare la società – atea e senza valori – capace di discutere sui diritti… che poi restano privilegio per pochi: e spesso io, noi siamo questi pochi. Dio non fa preferenze – lo sapeva anche l’AT; basta leggere Deuteronomio 10,16-19: “Circoncidete dunque il vostro cuore e non indurite più il vostro collo; poiché il Signore, il vostro Dio, è il Dio degli dei, il Signore dei signori, il Dio grande, forte e tremendo, che non ha riguardi personali e non accetta regali” – gli uomini, anche quelli di Chiesa, sì. Forse non c’è più il nepotismo del Cinque-Seicento ma le cordate, le lobby, le preferenze appunto esistono eccome. Non mi scandalizza questo. Anch’io scelgo sulla base di sintonie culturali e politiche. Anch’io sono guidato dai sentimenti e dalle simpatie. Quello che spesso mi fa riflettere – e mi mette in crisi – è l’incapacità di guardare oltre, di non riconoscere il bene che lo Spirito fa crescere al di là del mio gruppo o della mia comunità. Mi disturba il bisogno di consenso, per non dire di applauso. Così quando penso a Gesù che apre le braccia a dei poveri e puzzolenti pastori senza chiuderle ai ricchi e profumati Magi sono a disagio e in imbarazzo: io non so accogliere tutti, faccio preferenze. Ma basta: sto scivolando nel moralismo. Invece dovrei fare una cosa molto più semplice: imparare da Gesù a mettermi in fila con i peccatori e sperimentare la misericordia del Padre. Dovrei semplicemente tornare discepolo: troppo spesso infatti mi sento apostolo. E maestro. Ma uno solo è il Maestro!
Don Michele Mosa