Una battaglia sociale. “Il coraggio delle cicatrici” è il racconto di un’esperienza tragica vissuta in prima persona da un ragazzo di nome Arturo che un giorno viene accoltellato da un branco di quattro minorenni, tanto da rischiare di perdere la vita. Ma è il racconto anche di una madre che vede il proprio figlio combattere contro la morte e vincere. Questo trauma diventa così l’occasione per una profonda riflessione da parte di Maria Luisa Iavarone, la madre di Arturo.
Maria Luisa tenta di dare un senso alla vicenda che ha colpito la sua famiglia, cercando di
approfondire i motivi per cui un giovane possa commettere atti così gravi. Così si imbatte nello studio del determinismo ambientale, ossia il fatto che nascere in determinati contesti familiari possa essere fin dall’inizio una delle cause per cui un minore possa cominciare a delinquere, che unita a caratteri particolarmente aggressivi possa essere la scintilla per la commissione di un reato, spesso anche gravissimo.
E Napoli è la città in cui la scena criminale si svolge, una città nella quale fin troppe volte
nascere in una o altra famiglia può essere a seconda dei casi una fortuna o una condanna. Così la madre di Arturo si rende conto che, spesso, fermarsi ad una analisi meramente superficiale di una vicenda criminale sia controproducente, infatti se davanti a fatti così gravi, si hanno solamente esigenze vendicative, legate al dolore causato dall’offesa subita, non si cambierà mai la società. E qui si pongono le basi per citare la giustizia riparativa, ossia un nuovo modo di porsi davanti a chi commette un reato, ma anche a chi lo subisce, in considerazione del fatto che anche dietro ai reati più gravi, più terribili, e soprattutto più dolorosi da perdonare c’è sempre una Persona. E non solo la persona può cambiare, ma perdere la speranza verso un recupero di un minore significa distruggere la vita di una persona che ha tutta la propria vita davanti, che sconterebbe per il resto dei suoi anni le
conseguenze negative di un fatto del passato, come se la Persona fosse il suo Reato. In questo caso i rei sono dei minori, soggetti per definizione vulnerabili, e che in quanto tali necessitano di un trattamento rieducativo differente rispetto a quello previsto per un adulto autore di reato.
Maria Luisa capisce che ci vuole coraggio a perdonare, a ricominciare. Ma perdonare non significa dimenticare l’offesa subita, significa attribuire un nuovo vissuto ai fatti del passato, in chiave riparativo-riconciliativa. Solo così si dà un senso ad eventi tragici, nell’ottica di un recupero sociale, che va a vantaggio non solo del reo, ma soprattutto della società.
Tuttavia per portare avanti la battaglia di Maria Luisa serve un’evoluzione culturale della società. È una battaglia difficile, perché abbattere i pregiudizi che plasmano i pensieri dei molti, oggi sembra quasi un’utopia.
Ma la battaglia di questa madre è la battaglia di tutti, e per questo motivo ognuno di noi deve
combattere.
Dott. Gustavo Cioppa, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia